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Tutti ricordiamo quei poveri scarponi dipinti da Van Gogh: cuoio sformato e fango secco, solitudine e dignità, vita e morte concordano tremendamente in una icona, sacra come il volto luminoso di un santo e penosa come una piaga. Oggi, leggendo questo romanzo di esordio, possiamo immaginare che tipo d’uomo ha calzato quelle scarpe, chi ci ha camminato dentro nei sentieri dolorosi e nobili della miseria: un lavoratore come tanti, uno di quelli che la storia lascia indietro senza badarci, perché non esistono le parole per raccontare quel silenzio rappreso. Ma Munforte le parole le ha trovate, una lingua alta e sporca, un canto solitario che trema e gratta a ogni respiro, come un enfisema poetico che sfiora il cielo grave e commosso della fatica.
Ed è una voce che mentre racconta si allarga abbandona il soggetto per diventare coro, invettiva, preghiera, fino a quando non si sa più chi parla perché le parole nascono dal ventre stesso della Bestia, da quella Italia degli anni Cinquanta fatta di sacchi di cemento e ferri arrugginiti, valigie speranzose e strade tutte in salita, fabbriche pulsanti e fame nera. A lamentarsi e a sognare è la Città che cresce come una febbre.
"Meridiano" è la biografia di un uomo che comunque ci resta sconosciuto, anonimo e forte come un cantiere di periferia, e insieme è il racconto di un paese che è il nostro ma è anche ogni paese dall’inizio del tempo, dove le strade e le case e le leggende restano mentre svaniscono i piccoli uomini che, maledicendo l’ingiustizia e difendendo la vita, le hanno costruite.
Marco Lodoli