La prima regola di Clay - Giuseppe Munforte

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Romanzi
 
 

Quando Ivano entra in palestra lo fa volando, e gli altri pugili smettono di combattere e strizzano l’occhio divertiti. Ivano ha vent’anni e lavora in una carrozzeria dove la vernice e la fatica gli tagliano il fiato, eppure in palestra è il più veloce e il più forte di tutti. Lo chiamano Clay perché tiene la guardia bassa ed è rapido a schivare i colpi, imprevedibile, perché ha talento. Ma la sua grazia innata e l’estro naturale non lo porteranno alla gloria del pugile professionista. Clay li trascura, si allena poco, sembra non farsene nulla della grandezza della sua stella. Il fiato corto della sfida Clay se lo porta dietro nella vita di tutti i giorni, in quella periferia milanese dove il talento spesso non basta, dove tutti rischiano di essere già da subito condannati alla sconfitta.
La sua storia, quella del suo talento sprecato senza riserve, si intreccia drammaticamente con quella del padre, operaio in una fabbrica di vernici che dà da vivere a tutte le famiglie di un quartiere opaco e gelido dell’hinterland. Un gruppo di palazzi alti come torri, giardini senza colore con panchine nude dove si incontrano i ragazzini innamorati, balconi identici in cui stendere le tute da lavoro, ma anche un luogo irrinunciabile dove giocarsi la grande occasione della vita.
Quando il padre di Clay muore per intossicazione, di colpo tutto cambia e nessuno riesce più a essere lo stesso di prima. Qualcosa si spezza per tutti. Per il narratore, un ragazzino che imparava a tirare pugni attendendo ogni giorno la smorfia di saluto del suo campione. Per Vera, la sorella di Clay, una bambina con gli occhi timidi e sfrontati, diventata seria troppo presto. Per Clay prima di tutto, che decide di pareggiare i conti con un gesto lucidissimo e sconsiderato, mettendo il suo talento a servizio di una rabbia sorda, allenata nel silenzio di una palestra dove si impara a resistere un passo al di sotto dell’aria.


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